Cosa volevo fare da…sindaco     

                                                                                       di Mascia Quadarella 
Cosa hanno fatto per la città ai tempi del loro mandato, cosa farebbero ora col senno del poi e considerando lo sviluppo attuale della città, gli ex sindaci di Siracusa. Ne abbiamo incontrato quattro di epoche diverse, per una piacevole chiacchierata

Chi per breve periodo, chi fino alla scadenza del mandato naturale, alcuni eletti secondo dinamiche politiche “pro tempore”, gli ultimi col consenso del popolo, i primi cittadini che si sono avvicendati nel tempo al governo di Siracusa hanno, loro malgrado, contribuito a scrivere pagine della nostra storia, che qualcuno ha davvero dimenticato, mentre tanti altri le ignorano. Certo è che gli effetti della loro azione amministrativa, buona o cattiva che sia stata, si ripercuotono sulla vita di tutti noi, ogni giorno e lo faranno anche in futuro. Chi in pensione, per sopraggiunta età da quiescenza, chi impegnato nella propria libera professione, dopo aver lasciato le redini e rinunciato alle velleità politiche, ne abbiamo incontrato quattro: l’ultimo sindaco in ordine cronologico prima dell’insediamento di Garozzo, uno degli anni 80 e due del 90. Tutti disposti a parlare, a raccontare la loro esperienza. Con molta modestia, hanno tracciato il bilancio di quegli anni, lasciando trasparire un pizzico di amarezza per il non fatto o lasciato in sospeso, a causa del tempo che non gli è bastato per portare a compimento tutti i piani o per i giochi di potere dei partiti o gli ostacoli frapposti dall’opposizione. Forse, proprio perché non più stretti nella morsa del loro incarico, con le menti liberate, con la riflessione a posteriori, rivedono il loro operato con maggiore obiettività critica, non si permettono di giudicare le nuove generazioni di amministratori e ci confidano cosa vorrebbero fare, ora, da “grandi”, per migliorare le sorti della città.Aldo Salvo, ex sindaco 1983-1984

ALDO SALVO (DC), sindaco dal 23 maggio 1983 al 4 agosto 1984
“Quando mi insediai – ricorda Aldo Salvo- si assisteva ad un risveglio economico in tutto il Paese ed anche nella nostra provincia. Siracusa si era sviluppata in modo molto disordinato, il nostro obiettivo era sicuramente quello di darle un assetto urbanistico più armonico e funzionale. In quegli anni, infatti, fu portata a termine la procedura per la revisione del Piano Regolatore fermo agli anni 50. Naturalmente, si concluse l’iter che riguardava soltanto una parte della città, l’altra fu regolamentata in epoca successiva. Qualche nastro l’ho tagliato. L’evento che mi emozionò di più, anche se non era di diretta competenza comunale, fu l’inaugurazione dei lavori per la realizzazione del primo tratto dell’autostrada Siracusa-Gela, per meglio intenderci quello di Cassibile. Avviammo sotto la mia amministrazione i primi interventi di riqualificazione del centro storico, intercettando finanziamenti regionali rivolti però, esclusivamente, al consolidamento e restauro di edifici pubblici. Qualche lavoro si fece al Teatro comunale, al Castello Maniace ed a Palazzo Montalto. Come vedo Siracusa oggi? E’ ancora una città incompiuta- asserisce senza riserve Salvo-. Da parte degli amministratori locali attuali noto tanta volontà di affrontare i problemi, ma devono fare i conti con i fondi di bilancio carenti e con i limiti imposti dai patti di stabilità. Occorre uno sforzo di ideazione per cercare di attrarre fondi attingendo specialmente dalle misure comunitarie. Reperite le risorse è fondamentale saperle ben gestire. Rispetto al passato, però, la classe dirigente attiva ha dei vantaggi determinati da una maggiore autonomia operativa. Noi prima di assumere qualsiasi decisione dovevamo interloquire con il Consiglio comunale, lo facevamo in maniera diversa, d’altronde il 95% degli atti era di competenza del civico consesso, poi, avevamo al collo il cappio delle commissioni di controllo che ci bloccavano i provvedimenti. Allora, erano i partiti ad impartire le linee guida e queste venivano rispettate. Oggi, spesso i sindaci, non mi riferisco a nessuno in particolare ma generalizzo, vanno a ruota libera. A volte, invece, sarebbe più opportuno rinunciare al proprio punto di vista per il bene comune. Se tornassi a fare il sindaco, cosa vorrei realizzare? Ai miei tempi non ci fu la possibilità di farlo, ma proporrei la redazione di un progetto per la concretizzazione di un imponente lungomare che parte dal Molo Sant’Antonio per arrivare alle foci dell’Anapo. Questo avrebbe regalato alla nostra città una panoramica passeggiata, con un magnifico belvedere sul porto. Inoltre, noto con piacere che la gente sta rivalutando lo spiazzale dei Monumenti ai caduti in Africa, valorizzato dalla presenza della pista ciclabile e dei lavori di riqualificazione che hanno interessato quell’area”.
GAETANO BANDIERA (DC) sindaco dal 4 luglio 1990 al 23 novembre 1991Tatai Bandiera, ex sindaco 1990-1991
“La città che presi in mano? Era bisognosa di essere modernizzata- dice il professor Tatai Bandiera-. La mia programmazione seguiva tendenzialmente quella disposta dalle amministrazioni precedenti e l’obiettivo era quello di rendere il capoluogo più vivibile, migliorandone la viabilità, creando le infrastrutture essenziali, prima tra queste la condotta idrico- fognaria allora inesistente. Il mio mandato, dunque, è stato svolto all’insegna di una continuità logica. L’opera che mi fregio di aver inaugurato o contribuito ad inaugurare? Sicuramente, l’iter per la realizzazione dei 330 alloggi per gli sfollati del terremoto del 90, alla Mazzarrona. Fummo l’unica amministrazione, forse al mondo, che ad un anno dall’evento sismico fece fronte all’emergenza abitativa. L’alternativa sarebbe stata la creazione di una containeropoli. A quei tempi, un container costava 45 milioni di lire, sfruttando i bassi della periferia realizzammo appartamenti spendendo 30 milioni circa per ciascuna unità, tutto grazie ad un finanziamento di 10 miliardi di lire, che vennero subito investiti. Per evitare favoritismi, ingerenze della politica, speculazioni sullo stato di bisogno della gente lasciai che le graduatorie venissero stilate dalla Prefettura. Questa soluzione mi sembrava la migliore, non doveva certo essere quella definitiva, ma gi immobili una volta dismessi potevano essere utilizzati all’esigenza come case parcheggio, in previsione all’epoca c’erano grandi lavori di riqualificazione ad Ortigia. Ho. Altresì, contribuito a liberare il centro della città da quella cinta ferroviaria che oltre a creare al Corso Gelone imbottigliamenti insopportabili nelle ore di punta, interdiceva, nell’area oggi trasformata in pista ciclabile, la fruizione naturale del mare. Rifarebbe il sindaco? Se si, da dove ripartirebbe? Diciamo che considero la sindacatura alla stessa stregua del matrimonio, si dovrebbe fare una volta sola. Tuttavia, pensando a cosa volevo e non ho potuto realizzare non posso che dire un nuovo ospedale moderno ed in una zona agevolmente raggiungibile. Pure quando fui presidente dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) prevedemmo un progetto per la realizzazione di un polo ospedaliero multifunzionale, collegato con il Rizza e dotato di eliporto nell’area dell’Ex Ospedale psichiatrico alla Pizzuta. Un moderno presidio nosocomiale che ancora oggi manca nella nostra provincia. La città di oggi, inoltre, necessita di un’azione di delocalizzazione. I nuovi quartieri o le macro aree residenziali che si stanno sviluppando, Pizzuta, Isola, Plemmirio, Tremmilia, richiedono servizi e strutture, che evitino ad esempio nei fine settimana il sovraffollamento del centro storico”.

MARCO FATUZZO (PDS, PPI, LA RETE, AD LISTE CIVICHE) sindaco dal 26 giugno 1994 al 12 giugno 1998Marco Fatuzzo, sindaco Siracusa  1994-1998
La mia elezione fu storicamente la prima diretta da parte della cittadinanza e sentivo gravare sulle mie spalle il peso doppio della responsabilità, per l’impegno preso e per la volontà di non tradire la fiducia popolare che mi era stata accordata. Trovai una Siracusa dal centro storico degradato, in totale abbandono. Fu proprio su Ortigia che concentrai la mia prima azione amministrativa. Iniziai con l’istituzione di un apposito Ufficio Speciale. Fu un periodo in cui arrivarono diversi finanziamenti, che consentirono l’avvio del recupero, non solo architettonico ed urbano ma anche sociale: 60 miliardi dalla Regione e le risorse importate dall’Europa grazie al Piano Urban, altri 40 miliardi circa, tutti spesi nei quattro anni. Abbiamo anche inaugurato, entro il mandato, dopo 50 anni dalla posa della prima pietra, il nuovo Palazzo di Giustizia di Viale Santa Panagia. Abbiamo creato la rete fognaria ad Ortigia, prima di questo intervento si scaricava a mare, nell’area costiera prospiciente, intercettammo 110 miliardi del Ministero dell’Ambiente. Abbiamo anche aperto 5 nuove scuole. La scelta fortunata penso sia stata in quegli anni quella di mettere da parte le ragioni della politica e pensare ad amministrare bene nell’interesse pubblico. Fondamentale anche la squadra assessoriale che si compose, la stima reciproca, l’affiatamento, la comunione di intenti ci fece lavorare bene. Con molti dei membri dell’esecutivo di allora andiamo tutt’oggi a mangiare la pizza insieme al sabato, purtroppo di recente è venuto a mancare il nostro vicesindaco di allora, l’avvocato Di Giovanni. Che consiglio darei ai giovani sindaci di oggi? Sempre quello di non lasciarsi tirare la giacca dalla politica o meglio dai politici. Credo, comunque, che questa autonomia se la stiano ritagliando. Se dovessi tornare ad indossare la fascia tricolore da sindaco? Il mio capitolo 2 sarebbe la riqualificazione della Borgata e del Quartiere Umbertino, con un grosso progetto di apertura sul fronte mare. Lo stadio, col contributo dei privati lo porterei in periferia. Poi procederei con la sistemazione delle periferie. Non negherei al turismo di decollare grazie alla realizzazione dei porti. Poi, spero che si cominci, piuttosto che continuare con un welfare di tipo assistenziale, a seguire un sistema di sostegno che punti sulla creazione di opportunità di lavoro. Possono cominciare proprio i comuni, affidando i piccoli di lavori di manutenzione ai cittadini in difficoltà, in modo che possano guadagnarsi quelle poche centinaia di euro, sentendosi utili. Io ritornerei a farlo il sindaco, non mi tirerei indietro nemmeno stavolta”.
Roberto Visentin (PDL; UDC; MPA), sindaco dal 23 giugno 2008 al 1 gennaio 2013Roberto Visentin, ex sindaco  2008-2013
Ad un anno e mezzo dall’abbandono dell’incarico per candidarsi alle Politiche, nella lista Monti per la Camera, a pochi mesi dalla scadenza del suo mandato, mantiene ancora l’occhio “ clinico” e vigile sulla città, come in balia di una deformazione professionale, Roberto Visentin. E’ tornato a fare l’ingegnere, ma segue con attenzione, stavolta guardandosi bene, almeno per il momento, di tenersene al di fuori, le dinamiche politiche del territorio. “La mia azione – dice- era stata programmata all’insegna della continuità con la precedente amministrazione di cui a vario titolo avevo fatto parte pure io, in qualità di assessore ai Lavori Pubblici, al Centro Storico. Mi rammarico di non essere riuscito ad inaugurare personalmente il Teatro Comunale, che praticamente abbiamo consegnato pronto a chi ci ha succeduto, anche se si è verificato il problema relativo all’ idoneità dell’impianto antincendio, che spero si risolva celermente. Una grande innovazione ho tentato di apportarla alla viabilità del capoluogo, facendo redigere due importanti strumenti di pianificazione, propedeutici ad ogni intervento, il PUM ( Piano Urbano della Mobilità) ed il PUT Piano Urbano del Traffico), ma non non capisco per quale volontà politica non sono stati valutati dal Consiglio comunale. Il provvedimento che mi ha gratificato di più, soprattutto sotto un profilo umano, è stato quello di stabilizzare 208 precari dell’Ente, conferendogli quella sicurezza del lavoro che garantisce dignità ad ogni individuo, che può programmare le proprie spese, anche a medio e lungo termine. Abbiamo fatto tutto secondo la procedura, tanto che nemmeno la Corte dei Conti ha avuto nulla da ridire. E’ stata, altresì, la mia amministrazione che ha dato una svolta al progetto per la realizzazione del Porto, reperendo i fondi necessari, anche se l’intervento della magistratura sui cassoni, ha fatto perdere tempo prezioso. Senza quel lungo stop, poi risultato vano, tendente ad accertare se i livelli di calcestruzzo erano potenziati secondo il capitolato, la parte relativa alla Marina sarebbe già stata realizzata. E i debiti, oltre 34 milioni di euro, lasciati dal contenzioso con la società Open Land, che pendono sul Comune come una spada di Damocle? Scusi ma che debiti? L’importo in oggetto è stato quantizzato dai legali della società che si ritiene lesa, a titolo di risarcimento per i ritardi subiti nel rilascio delle variante da parte degli Uffici comunali competenti, non è mica stato stabilito da una sentenza. Quindi, al momento non c’è alcun debito, ma è in corso un contenzioso, il cui esito ancora non è dato sapere.D’altronde, anche la mia amministrazione ha pagato per contenziosi risalenti a decine di anni prima del mio insediamento, per espropri vari. Nemmeno noi conoscevamo l’entità dei debiti che sarebbero maturati a conclusione di cause in corso”.

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