Esodati, tra mobilità ed indennizzi per la sopravvivenza
Le aziende in crisi mandano in mobilità i dipendenti, ma al massimo per 4 anni. Sempre più lontana la pensione e difficile la sopravvivenza per gli over 50 , definiti esodati, o meglio sfrattati senza alternativa di scampo dal mondo del lavoro. Insufficienti gli ammortizzatori sociali. Rifinanziato l’indennizzo per i commercianti che chiudono per sempre l’attività.
Mercato del lavoro sempre più avido di opportunità di inserimento per i più giovani e di spiragli di reimmissione per i soggetti di mezza età, i cosiddetti “esodati”, che hanno perso l’impiego o hanno dovuto rinunciare, a causa della crisi, alla loro attività imprenditoriale, seppur privi dei requisiti minimi d’età e contributivi per andare in pensione. E’ questo un vero e proprio, all’apparenza irreversibile, crac sociale, al quale non riescono a far fronte gli ammortizzatori sociali, o meglio le diverse tipologie di misure a sostegno del reddito, come si chiamano oggi, varate dai governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni e che hanno tentato di riformare il sistema previdenziale del Paese, correndo ai ripari per gli errori del passato, rendendo , però, il presente insopportabile ed il futuro molto buio. L’analisi dell’attuale situazione nel territorio locale la facciamo insieme a Salvo Carnevale, competente responsabile per la provincia di Siracusa dell’Istituto Nazionale Confederale di Assistenza (INCA), il patronato della CGIL che tenta ogni giorno di indirizzare al meglio, verso gli strumenti più efficaci e duraturi, i numerosi “ricercatori” di occupazione o di sussidi, confusi in quella giungla di norme, deroghe e proroghe, che però possono offrire introiti volti a garantire la “sopravvivenza, nell’attesa di un nuovo collocamento o fino alla pensione che, ormai, rimane appannaggio delle vecchie generazioni, essendo veramente destinata ad essere di “vecchiaia”, ma di quella avanzata. “Negli ultimi anni, in particolare- spiega Salvo Carnevale- si è ribaltato il target di persone che si rivolgono ai nostri uffici. Un tempo le carriere lavorative erano continue, fluide, i requisiti per l’erogazione della pensione decisamente più bassi ed al massimo le grandi aziende, per far fronte a periodi di difficoltà, ricorrevano alla mobilità. Attualmente, invece, gli utenti che si rivolgono a noi lo fanno prevalentemente per avviare pratiche volte all’ ottenimento di prestazioni a sostegno del reddito, che purtroppo viene a mancare. Il colpo di mannaia alle generazioni future è stato dato dalla riforma Monti-Fornero, che porterà nel 2018 alla pensione i soggetti di 66 anni e 7 mesi e 42 anni e 6 mesi di contributi, il che sembra davvero impossibile considerata l’offerta occupazionale in Italia. Significherebbe iniziare a lavorare a 20 anni ininterrottamente. Pura utopia. Un tempo la gente andava in pensione poco più che cinquantenne con all’attivo anche soltanto due o meno decenni di contributi. Dagli eccessi siamo passati alle restrizioni assurde. In poche parole, per parametri anagrafici e requisiti siamo giunti al pari dei Paesi anglosassoni e scandinavi ma con un mercato del lavoro che è l’opposto, fermo, sbarrato. Se in passato, prima degli anni 90, esistevano delle formule di prepensionamento, che traghettavano i soggetti dalla fine dell’esperienza lavorativa alla pensione, oggi l’unica alternativa, che tampona e non risolve, è costituita dalla mobilità”.
INDENNITA’ DI MOBILITA’
“La durata della mobilità è di al massimo 4 anni, in base alla fascia anagrafica in cui rientra il lavoratore destinatario ed alla regione di residenza – specifica Carnevale-. Nel sud Italia, in quanto area svantaggiata, la concessione è maggiorata di un anno rispetto al Centro e al Nord della nazione. Fino a 40 anni (non compiuti) la durata è di 12 mesi, 24 mesi nel Meridione; da 40 a 50 anni (non compiuti), 24 mesi e 36 mesi per le aziende del Mezzogiorno; oltre 50 anni, 36 /48 mesi. Possono avervi accesso soltanto le ditte con oltre 15 dipendenti, nei casi di esaurimento della cassa integrazione straordinaria; riduzione di personale; trasformazione dell’attività aziendale; ristrutturazione dell’azienda; cessazione di attività aziendale. Per norma generale la durata dell’indennità non può essere superiore all’anzianità maturata in seno all’azienda dal dipendente. Se la retribuzione mensile lorda prima dell’indennità era inferiore o uguale a € 2098,04, l’importo dell’indennità sarà per i primi 12 mesi di € 969,77 lordi, € 913,14 al netto dei contributi previdenziali. Dalla tredicesima mensilità, per stabilizzarsi fino alla fine della prestazione, ci sarà una decurtazione del 20% e sarà, dunque, di € 775,82. Se , invece, gli emolumenti mensili prima della mobilità erano di importo superiore a € 2098,04, l’indennità mensile lorda per i primi 12 mesi sarà di € 1165,58, che meno il 5,84% dei contributi previdenziali diverranno € 1097,51 netti, per poi ridursi dal tredicesimo mese fino a € 932,46 lordi. Naturalmente, la concessione della mobilità ad un’azienda non è automatica ma segue una trafila burocratica atta ad appurare i requisiti di accesso alla stessa. Di norma, prima di arrivare alla mobilità le aziende che hanno i requisiti prima accedono alla cassaintegrazione ordinaria, poi alla straordinaria.”
INDENNIZZO CHIUSURA ATTIVITÀ COMMERCIALE
Fortunatamente da un paio di anni il Governo tra i destinatari degli ammortizzatori sociali ha contemplato anche quei commercianti che, dopo almeno un quinquennio di attività continuativa, in qualità di titolari o collaboratori, chiudono il loro esercizio definitivamente. “ Per questa categoria è previsto un indennizzo specifico, della durata di oltre tre anni- spiega Carnevale-. Requisiti anagrafici minimi di accesso sono il compimento dei 62 anni per gli uomini e 57 per le donne. L’obiettivo è quello di aiutarli a raggiungere con un minimo di reddito l’età pensionabile, vale a dire 66 anni e 3 mesi gli uomini e 64 anni e 9 mesi le donne. Non sempre però il provvedimento riesce a legare alla pensione. Il rischio, quindi, è quello di rimanere per un poco di tempo senza entrate. L’importo mensile dell’indennizzo è di 501 euro, al pari del trattamento minimo di pensione concesso dall’Inps ai commercianti iscritti alla gestione. Visto che la compilazione della domanda risulta un po’ complessa ci si può rivolgere per il disbrigo della pratica agli uffici di patronato. Ricordiamo- conclude Carnevale- che bisogna presentarsi muniti di documenti di riconoscimento e di certificazione attestante la cessazione dell’attività. Possono usufruire dell’indennizzo anche gli agenti ed i rappresentanti di commercio. L’istanza si presenta entro il gennaio successivo alla chiusura”.